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Le "arti marziali" sono delle pratiche fisiche e mentali legate al combattimento. Il termine sta ad indicare che, seppure vengano adoperate come sistemi di sopravvivenza o addirittura in contesti bellici, rappresentano uno dei modi per esprimere il gusto per il "bello" in armonia con la natura.

Infatti è proprio studiando la natura – e osservando gli animali che la popolavano – che l'uomo ha iniziato a sviluppare sistemi di lotta e di difesa basati sull'imitazione. Non a caso la tradizione vuole che queste discipline siano nate nel monastero di Shaolin ("giovane foresta"), situato nella Cina settentrionale: è in questo luogo che i monaci basavano tutta la loro esistenza sulla simbiosi con la natura e sulla sua contemplazione.

Nel corso dei secoli le arti marziali si sono trasformate da sistema di sopravvivenza soprattutto in metodo di difesa personale. In Occidente privilegiano l'aspetto sportivo del combattimento, al punto da diventare anche discipline olimpiche in alcuni casi. Tuttavia, l'obiettivo originale è permettere di rimanere in buona salute e vivere più a lungo.

Oggi esiste una grande varietà di arti marziali, tra le più conosciute ricordiamo il Judo (disciplina olimpica dal 1964), il Kung Fu, la Capoeira (in Brasile), il taekwondo e il Wing Chun, il Muay Thai e il Jujitsu; ma indubbiamente la più famosa e popolare è il Karate.

Esso nacque nel regno delle isole Ryukyu (la più grande è l'isola di Okinawa) prima della sua annessione al Giappone nel XIX secolo.

Il kara-te (letteralmente: "mano vuota") prevede la difesa a mani nude, senza l'ausilio di armi di alcun tipo: chi lo pratica (karateka) non può portare con sé oggetti e nemmeno accessori come orologi e braccialetti, ma deve indossare solamente il gi o kimono, l'abito tradizionale composto da giacca e pantaloni. Ecco perché questa disciplina viene esercitata senza scarpe!

Viene inoltre abbinata una cintura il cui colore indica il livello raggiunto dall'atleta, attestato dal superamento di appositi esami. All'inizio si indossa la cintura bianca: a volte è necessario sostenere un esame per ottenerla e a volte no, dipende dalle regole della palestra e/o federazione di appartenenza; seguono poi in ordine la gialla, arancione, verde, blu, marrone e nera: quest'ultima è costituita da dieci gradi o dan (anche se dal sesto dan il passaggio si consegue ad honorem per meriti od onorificenze). È importante sottolineare che il raggiungimento della cintura nera non è l'obiettivo finale del percorso, ma è solo l'inizio di un lungo e severo apprendimento dell'Arte Marziale, che non può mai dirsi concluso proprio come i dan della cintura che in teoria sono illimitati. Per questo motivo il Karate si rispecchia nel comportamento di ogni giorno, diventando uno stile di vita.

Il luogo in cui ci si allena si chiama Dojo, di solito una palestra ma non necessariamente. Esso è presieduto da un Maestro o Sensei, colui che insegna l'Arte ed è posto a capo di un gruppo di praticanti. All'inizio e alla fine di ogni lezione tutti i karateki sono tenuti a salutare il dojo e il Maestro. Bisogna portare rispetto anche alle cinture superiori in quanto dotate di maggiore esperienza.

Il karate si compone di diversi stili (ad esempio quello Shotokan e quello Shito Ryu), a seconda delle tecniche e delle posizioni che si assumono. Lo stile Shotokan è quello tradizionale, fondato da Gichin Funakoshi intorno agli anni Quaranta e poi importato in Italia dal maestro Shirai. È caratterizzato da posizioni tendenzialmente basse, stabili e forti (e quindi dauna maggiore staticità rispetto ad altri stili).

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L'aspetto mentale-spirituale

Mente e corpo lavorano assieme per fornire una risposta efficace. Conoscere se stessi è fondamentale per poter affrontare l'avversario. Perciò è necessario avere confidenza col proprio corpo, sicurezza nelle proprie capacità e consapevolezza dei propri limiti. 

Nel dojo, la mente deve essere libera da ogni pensiero superfluo; occorre meditare su ciò che si sta facendo e allontanare ogni distrazione esterna.

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L'aspetto pratico-fisico

Ogni singolo movimento coinvolge tutto il corpo, anche se di fatto prevale l'impiego di gambe e braccia. Il caricamento permette un utilizzo consapevole e non dispendioso delle proprie energie, in modo da concentare tutta la potenza in un unico punto. L'anatomia del corpo umano consente di apprendere quali sono le zone più vulnerabili e sensibili (abbiamo 42 punti mortali) acquisendo così l'abilità importante dell'autocontrollo.

Il Kihon è un termine che indica le tecniche di allenamento base, di parata o di attacco, su cui si basa il karate. In pratica, si tratta di esercizi propedeutici all'esecuzione tecnica. Nel kihon vengono studiati i movimenti di braccia e mani e di gambe e piedi. 

Il kata ("forma") è una sequenza di tecniche prestabilite nelle otto direzioni dello spazio contro un avversario immaginario, una sorta di simulazione. I kata non vengono considerati come combattimenti simbolici eseguiti a vuoto, bensì contro uno o più avversari. Gli elementi fondamentali per svolgere un buon kata sono: la tecnica, kime (la breve contrazione muscolare nell'istante della conclusione della tecnica), la potenza (indicata dalla formula P=FxV dove la velocità risulta essere maggiormente incisiva della forza), e l'espressività.

Il combattimento o kumite invece si svolge contro un avversario fisico all'interno di un'area limitata, il tatami. Può essere libero, semi-libero o dichiarato. Il kumite è caratterizzato dagli stessi elementi del kata, poiché vengono messi in atto gli insegnamenti appresi in precedenza.

Inoltre, sia nel kata che nel kumite, il kime può essere accompagnato da un grido (kiai) che fuoriesce dal prama e rilascia la massima energia vitale.

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